plusvalenze Irpef Superbonus
1. LE PLUSVALENZE IRPEF DA SUPERBONUS L’art. 1, comma 64, della L. 213/2023 (Legge di bilancio 2024) ha introdotto una nuova tipologia di plusvalenza derivante da cessione immobiliare, rilevante ai fini della determinazione dei redditi soggetti a IRPEF. In particolare, sono stati modificati sia l’art. 67, comma 1 (con l’introduzione di una nuova lettere b-bis) sia l’art. 68, comma 1 (con l’aggiunta di nuove disposizioni) del T.U.I.R. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 13/E del 13/06/2024, ha, a sua volta, emanato le istruzioni operative per l’applicazione delle novità fiscali introdotte dalla Legge di bilancio 2024, anche se alcuni dei dubbi interpretativi evidenziati già all’indomani dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni sono rimasti comunque irrisolti. Nella presente trattazione si rammentano i soli profili che assumono particolare rilievo ai fini di consentire una corretta valutazione dell’incidenza della norma in commento sulla compravendita di un immobile, facendo necessario rimando integrale alle circolari fiscali FIMAA n. 1 e n. del 2024 per ogni ulteriore profilo. 1.2 Presupposto ai fini della plusvalenza della cessione Deve trattarsi di plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso posta in essere a partire dal 1°gennaio 2024 (art. 1, comma 66, L. 213/2023), di tutte le tipologie d’immobili che sono state oggetto degli interventi agevolati con il c.d. Superbonus, fatte salve le ipotesi di specifica esclusione (1); per l’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 13/E/2024) “nell’ambito di definizione di cessione a titolo oneroso, ai fini della norma in commento, si ritiene rientrino anche, per esempio la permuta e il conferimento”. Rimane, comunque, esclusa, anche per questa fattispecie, qualsiasi rilevanza reddituale per le cessioni a titolo gratuito. 1.2.1 Presupposto oggettivo Deve trattarsi di cessione di tutti gli immobili per i quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito interventi per i quali abbiano fruito delle agevolazioni di cui all’art. 119 del D.L. 34/2020, convertito dalla L. 77/2020, ossia delle detrazioni di imposta Superbonus per interventi di efficientamento energetico o di riduzione del rischio sismico o di eliminazione delle barriere architettoniche, restando esclusi gli immobili sui quali siano stati eseguiti interventi che abbiano fruito di uno qualsiasi degli altri bonus fiscali finalizzati alla rigenerazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare (bonus edilizio e bonus acquisti parcheggi, Ecobonus, Sismabonus e Sismabonus acquisti, Bonus eliminazione barriere architettoniche, Bonus facciate, Bonus verde). Ai fini della determinazione della plusvalenza sono rilevanti solo gli interventi fruenti del Superbonus con aliquota del 110% oppure anche quelli fruenti del Superbonus con aliquota inferiore (in tal senso si espressa l’Agenzia delle Entrate, Circolare 13/E/2024, secondo la quale “si evidenzia, inoltre, che la lettera b-bis) in argomento non fa alcun riferimento né alle diverse percentuali di detrazione potenzialmente spettanti (ai sensi dell’articolo 119 del decreto Rilancio), ridotte nel corso del tempo, né alle diverse possibili modalità di fruizione della detrazione (in dichiarazione, tramite opzione per la cessione del credito o per il c.d. “sconto in fattura”); di conseguenza, si ritiene che tali circostanze non siano determinanti ai fini della concretizzazione della fattispecie imponibile.”). Inoltre, riguardo agli interventi eseguiti dal condominio, con la medesima circolare, l’Agenzia ha ritenuto che: “non rilevi la tipologia d’interventi (trainanti o trainati) effettuati in relazione all’immobile oggetto di cessione; in altri termini, non occorre, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto impositivo di cui alla lettera b-bis) sopra citata, che sulla singola unità immobiliare siano stati effettuati anche interventi trainati, ma è sufficiente la circostanza che siano stati effettuati interventi ammessi al Superbonus sulle parti comuni dell’edificio di cui fa parte l’unità immobiliare ceduta a titolo oneroso”. 1.2.2 Presupposto soggettivo Trattandosi di una fattispecie che è inclusa nell’art. 67 del T.U.I.R. la stessa configura un reddito diverso laddove la plusvalenza non sia conseguita dal cedente nell’esercizio di arti e professioni e di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice (in tal senso, Agenzia delle Entrate, Circolare 13/E/2024), e indipendentemente dalla circostanza che detti interventi siano stati effettuati sull’immobile dal proprietario «cedente» oppure dagli «altri aventi diritto» alla detrazione (ad esempio, il conduttore, il comodatario, il familiare convivente, ecc.). 2. La base imponibile Viene estesa anche alle nuove cessioni generatrici di plusvalenze la disposizione a regime del primo comma dell’art. 68 del T.U.I.R. in base alla quale “le plusvalenze sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente il bene medesimo; per gli immobili acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante.”. La plusvalenza origina, pertanto, dalla differenza tra il corrispettivo percepito nel periodo d’imposta e il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo; allo stesso modo, in caso di cessione di beni immobili acquisiti per donazione, si assume, come prezzodi acquisto o costo di costruzione, quello sostenuto dal donante, ma solo in relazione alla prima cessione a titolo oneroso, all’atto della quale i lavori si siano conclusi da non più di dieci anni, e non anche alle eventuali successive cessioni dell’immobile. Per talune specifiche fattispecie generatrici di plusvalenze (ossia in presenza di interventi che abbiano fruito del Superbonus 110% con opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura) si applicano due diversi criteri di determinazione della base imponibile, ponendo limitazioni alla possibilità di deduzione dei “costi inerenti”. In particolare si prevede che: a. nel caso in cui i lavori che hanno fruito del Superbonus 110% con opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura si siano conclusi da non più di 5 anni all’atto di cessione, non si possono ricomprendere tra le spese incrementative del valore di acquisto i costi sostenuti fruendo dell’agevolazione; b. nel caso in cui i lavori che hanno fruito del Superbonus 110% con opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura si siano conclusi da più di 5 anni (e da non più di 10 anni) all’atto di cessione, si possono ricomprendere tra le spese incrementative del valore di acquisto i costi sostenuti fruendo delle agevolazioni nella misura del 50%. Nella nuova disposizione introdotta nell’art. 68 si prevede che nel caso in cui gli immobili “plusvalenti” siano stati acquisiti o costruiti, alla data di cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Per gli immobili, invece, acquistati e/o costruiti entro i cinque anni non è prevista alcuna rivalutazione del prezzo di acquisto o del costo di costruzione in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. 3. La misura in cui si applica l’imposta sostitutiva Anche alle plusvalenze realizzate mediante le cessioni a tiolo oneroso di immobili che hanno fruito di interventi agevolati Superbonus, si può applicare un’imposta sostitutiva in luogo dell’ordinario regime di imposizione. L’imposta sostitutiva attualmente si applica nella misura del 26% (art. 1, comma 695, L. 160/2019). Come precisato (2) “Per potersi avvalere dell’imposta sostitutiva, il cedente deve farne espressa richiesta al Notaio, all’atto della cessione. Tale richiesta dovrà, a sua volta, essere fatta risultare espressamente, con apposita clausola, dall’atto notarile di cessione. Trattandosi, infatti, di una “facoltà” concessa dalla legge al cedente, in deroga alla disciplina ordinaria di cui all’art. 67 del T.U.I.R., la volontà di derogare alla disciplina ordinaria dovrà risultare dall’atto di cessione. In mancanza di una espressa manifestazione di volontà del cedente, tornerà, infatti, applicabile la disciplina ordinaria. Non è invece necessaria l’indicazione in atto della plusvalenza, essendo sufficiente la semplice richiesta. Tuttavia, tale indicazione potrà essere opportuna ai fini della liquidazione della imposta dovuta. A seguito della richiesta del cedente il Notaio provvede: – all’applicazione dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza dichiarata dal cedente medesimo; – al versamento di detta imposta sostitutiva ricevendo provvista dal cedente; – a comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alla cessione.” 2. L’AGGIORNAMENTO IN CATASTO DOPO GLI INTERVENTI “SUPERBONUS” Sono in arrivo le lettere di compliance inviate dall’Agenzia delle Entrate per la verifica catastale post interventi Superbonus ed eventuale successiva attività di controllo sugli immobili che ne sono oggetto in caso di mancata variazione catastale, nel rispetto del corrispondente obbligo di aggiornamento catastale di cui all’art. 119 del D.L. 34/2020, convertito con modificazioni, dalla L. 77/2020, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, commi 86 e 87, della L. 213/2023 (Legge di Bilancio 2024) per i quali: “86. L’Agenzia delle Entrate, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, verifica, sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati. 87. Nei casi oggetto di verifica di cui al comma 86 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.” L’annunciata attività di verifica assolve un obbligo, quello dell’adeguamento catastale, il quale, in generale, impone l’aggiornamento delle risultanze catastali e delle planimetrie ogniqualvolta siano eseguiti interventi edilizi che incidono sui fattori catastali che hanno rilevanza fiscale ai fini della determinazione della rendita (ex art. 17, lett. b, del R.D.L. 652/1939, convertito, con modificazioni, dalla L. 1249/1939). 2.1 In cosa consistono i controlli L’Agenzia delle Entrate effettua questi controlli incrociando gli importi dichiarati per i lavori agevolati con le informazioni presenti nella banca dati catastale. Se emerge che i lavori hanno comportato modifiche sostanziali, ma non è stata presentata la dichiarazione DOCFA (Documento Catasto Fabbricati), il proprietario dell’immobile (quindi il singolo condomino) riceverà una lettera di compliance. Questa invita a regolarizzare la situazione entro un termine, pena l’applicazione di sanzioni. Ricevuta la lettera di compliance, è possibile regolarizzare la propria posizione catastale pagando una sanzione ridotta di 172 euro per immobile. 2.2 Si può ritenere che l’adeguamento incida sulla dichiarazione di conformità catastale? In ambito notarile, da una prima interpretazione della disposizione normativa in commento, si è sostenuto che: “In presenza di interventi superbonus (e non solo), che non abbiano alterato la destinazione e la conformazione/consistenza dell’immobile ma che, comunque, astrattamente possano variare il classamento e la rendita dello stesso, la dichiarazione di conformità non potrà mai essere ritenuta insincera: ciò quand’anche non si sia proceduto al dovuto adeguamento. Che, dunque, l’esito del preannunciato accertamento del Fisco (da cui si è preso le mosse) non potrà avere alcuna influenza sulla bontà di detta dichiarazione (e, men che meno, sulla validità dell’atto notarile che la contenga), ferme anche ora le ripercussioni fiscali connesse all’eventuale variazione della rendita, successiva al perfezionamento del contratto. La conclusione cui si è ora pervenuti ha, poi, conseguenze di non poco rilievo anche sul dovere di consiglio che, in generale, incombe sul notaio rogante, in relazione alla dichiarazione di conformità catastale e che gli impone – soprattutto, in presenza di interventi edilizi, di cui egli abbia notizia, relativi a un immobile da alienare con un suo atto –, di sollecitare entrambe le parti a un’attenta verifica sull’attualità dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto.” (3) 2.3 Quando è obbligatorio aggiornare i dati catastali Al riguardo, si rammenta che l’obbligo di aggiornamento vige, ad esempio, quando venga aumentato il numero di vani, sia incrementata la volumetria, siano stati eseguiti interventi di efficientamento energetico (installazione di impianti fotovoltaici, sostituzione di infissi, cappotto termico, ecc.), dove l’obbligo dipende dal miglioramento qualitativo dell’immobile e dall’eventuale incremento della rendita catastale, o anche qualora, in assenza delle modifiche enunciate, il valore dell’immobile è aumentato di almeno il 15%. È importante sottolineare che la dichiarazione DOCFA è obbligatoria secondo il DM 701/1994 per ogni intervento che modifica la consistenza, la destinazione d’uso o la rendita catastale dell’immobile, e deve essere presentata entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori. In proposito, occorre rammentare che con la Circolare del 9 luglio 2010, n. 2 (par. 3, lett. e) – che ha, in tale ipotesi valenza normativa, stante il rinvio fatto dalla legge alle disposizioni vigenti in materia catastale, l’allora Agenzia del Territorio ebbe modo di precisare che: “L’obbligo della dichiarazione di variazione in catasto sussiste nei casi in cui la variazione incide sullo stato, la consistenza, l’attribuzione della categoria e della classe, a seguito di interventi edilizi di ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, oppure per effetto di annessioni, cessioni o acquisizioni di dipendenze esclusive o comuni, cambio di destinazione d’uso, etc..”. Inoltre, viene detto che: “costituisce rilievo – e, quindi, “fonte” di variazione catastale – ogni incoerenza che rappresenta fattispecie per la quale è obbligatoria la presentazione di un atto di aggiornamento catastale, ai sensi del citato art. 17, lettera b), del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249. Sotto tale profilo non assumono quindi rilievo la variazione dei toponimi, dei nomi dei confinanti e di ogni altro elemento, anche di carattere grafico-convenzionale, non influente sulla corretta determinazione della rendita. Si ritiene opportuno precisare, per una migliore identificazione delle fattispecie riconducibili nell’ambito delle novellate disposizioni, che non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità. Comportano, invece, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l’effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze. Analogamente, per le unità immobiliari ordinarie per le quali la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, le modifiche interne di modesta entità, non incidenti sulla consistenza dei beni iscritta negli atti catastali ovvero sulla destinazione dei singoli ambienti, non comportano l’obbligo della presentazione di una nuova planimetria in catasto”. Per il Consiglio Nazionale dei Geometri “L’attività dell’Ade riguarderà inizialmente i casi marcatamente caratterizzati da differenze, tra entità dei crediti ceduti e situazione presente in banca dati catastale, che evidenziano scostamenti non trascurabili indipendentemente dal valore percentuale” (Circolare n. 428/2025, n. 428). 2.4 Il calcolo per determinare l’obbligo di aggiornamento Un criterio operativo comunemente utilizzato per determinare l’obbligo di variazione catastale si basa sul rapporto tra l’importo dei lavori effettuati e la rendita catastale dell’immobile. L’aumento si determina confrontando la spesa con il valore catastale originario. Le spese vanno suddivise in opere nuove, come il cappotto termico o il fotovoltaico, e opere di ammodernamento, come la sostituzione degli infissi. I nuovi interventi si conteggiano per intero, quelli di ammodernamento per metà. Il totale ottenuto va confrontato con i valori del 1988/89, rapportando l’euro del 2024 con la lira di quegli anni, per poi compararlo con la rendita catastale originaria rivalutata moltiplicata per 100. Si può utilizzare il sistema messo a disposizione dall’Istat che effettua in automatico la conversione che è di 2,527 per il 1988 e di 2,370 per il 1989. La media tra i due valori è di 2,448: se si divide la spesa sostenuta per l’immobile oggetto delle agevolazioni Superbonus per questo valore si ottiene l’ammontare della rivalutazione dell’immobile. Se il costo delle ristrutturazioni supera del 15% il valore iniziale dell’immobile, è necessario procedere a una rivalutazione; in caso contrario, non è richiesta.(in
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